Ore 18: IO NON VADO SUL BALCONE!
Sono giorni ormai che, nei social e sui balconi, si ripetono gli appuntamenti per i flash mob cantanti. Il primo dato che mi ha colpito è stato l’orario di questi appuntamenti: le ore 18, cioè precisamente lo stesso orario della conferenza stampa quotidiana della Protezione Civile che ci aggiorna sullo stato del contagio, dei ricoveri, delle guarigioni e dei morti per coronavirus.
Una scelta di orario che mi è parsa irrispettosa e che forse è nata dal bisogno di rassicurare un Paese impaurito, dirottando l’attenzione di parte della popolazione dalla cruda realtà dei numeri.
Mentre ascoltavo i numeri di una tragedia, pensavo alle persone decedute, immaginavo il dolore indicibile di morire nella totale solitudine ed isolamento, il dolore dei loro familiari, i volti rigati dalle lacrime che non vediamo, la stanchezza di quelli che sono in prima linea (spesso privi delle protezioni previste dalle nostre avanzatissime norme perennemente disapplicate); ecco, mentre pensavo a tutto questo, su alcuni balconi e social si rincorrevano festanti canzoni e musiche.
Stridevano molto quei suoni, e apparivano sguaiati mentre in contemporanea i numeri della Protezione Civile raccontavano un bollettino di guerra. Comprendevo il bisogno di un messaggio di speranza, eppure mi appariva lo stesso oscenamente stonato pensando ai morti, ai ricoverati, ai loro familiari e alla loro comunità.
Anche il messaggio “andrà tutto bene” è un messaggio adatto a consolare i piccini, è la tipica frase che i genitori dicono ai figli per rassicurarli, ma davanti alle chiese piene di bare a Bergamo, di fronte alle immagini dell’esercito che le porta via perché lì non si riesce più nemmeno a cremare i morti, la scomoda, triste e difficile verità è che è andato tutto male.
Sento il bisogno di esprimere profonda vicinanza umana, sento l’urgenza di fare di più di quello che stiamo facendo come Fiom di Roma e del Lazio e di cercare le soluzioni migliori, di rispettare il dolore di tutti gli esseri umani e sento il dovere di non raccontare balle.
Perché se è giusto e anzi doveroso rassicurare i bambini, noi adulti abbiamo il dovere e l’onere di guardare in faccia la realtà: e la realtà è che non c’è proprio niente da festeggiare, mentre c’è molto, molto da fare.
Lo dico con rispetto perché ripeto, capisco la voglia di evadere, ma è proprio qui il punto: guardare in faccia la realtà e la sofferenza è l’unico modo per affrontarla, per condividerla ed essere umanamente vicini a tutti, immedesimarsi fino al punto di essere quelle persone, quelle vite.
Solo così si capirà a che cosa sono esposti le lavoratrici e i lavoratori che sono in trincea ma anche quelli che stupidamente sono stati “trattenuti” a lavoro perché “l’Italia non si ferma”, o quelli che, sotto la pressione di un lavoro precario hanno dovuto rischiare inutilmente.
Il segretario generale Fiom Cgil Roma e Lazio
Fabrizio Potetti
Roma, 20 marzo 2020