Emergenza coronavirus
Isolamento, lavoro, sicurezza
Esperienze, sensazioni e valutazioni maturate nel corso dell’emergenza
Contributo nr.3
28 marzo 2020
Le attività lavorative rallentano per alcuni e si fermano completamente per altri.
I sacrifici che ci vengono richiesti attraverso i DPCM, possono essere facilmente accettabili o risultare misure quasi insormontabili a seconda delle problematiche familiari e/o personali.
L’invito a stare a casa e ridurre gli spostamenti è diventato imperativo ed è una misura necessaria per contrastare il diffondersi del virus.
La CGIL e tutti noi Rappresentanti Sindacali, non solo guardiamo con attenzione l’evolversi della crisi, ma rimaniamo accanto alle lavoratrici e ai lavoratori, sia a coloro che per diverse ragioni devono restare a casa che a coloro che continuano la propria attività presso le aziende per i quali chiediamo garanzie e attenzione per ridurre al minimo i rischi per la salute.
Le Responsabilità che noi delegati siamo chiamati a sopportare è crescente e le richieste di aiuto da parte dei lavoratori si fanno pressanti quanto legittime.
Anche quando rimani bloccato a casa con la febbre che sale e il respiro che si fa corto, quando non hai contezza di quello che ti sta capitando e quel virus invisibile sembra stringersi intorno a te e alla tua famiglia, non riesci a smettere di essere un delegato della Cgil!
In questi momenti con ancora più forza, ti batti perchè i tuoi colleghi, ai tuoi compagni di lavoro, ai lavoratori che rappresenti, sia garantita la sicurezza necessaria per evitare di provare quelle sensazioni orribili e quel senso di colpa per aver portato a casa quel virus capace di aggredire le persone che ti sono più care.
Le difficoltà che coinvolgono tutti non devono e non possono impedirci di restare umani.
La TUTELA dei LAVORATORI, la SOLIDARIETA’ verso chi è in difficoltà sono e rimangono la nostra missione nonostante tutto!
Mario
Delegato Cgil Azienda Informatica
Contributo nr.2
23 marzo 2020
Appare evidente che l’attuale pandemia e la crisi climatica abbiano un legame strettissimo e che, entrambe, facciano parte di un quadro degenerativo dell’ambiente naturale e della salute umana innescato dal sistema economico neoliberista globale.
Non è un caso che il paziente 0 sia la Cina, teoricamente comunista ma lanciata da anni sulla via del capitalismo più sfrenato.
Nei prossimi decenni queste pandemie, a detta di molti esperti, saranno sempre più frequenti, anche se la maggior parte degli abitanti della terra resteranno vittime di siccità, carestie e fame provocate dal global warming.
E’ evidente che un cambio di rotta è non solo possibile (la resilienza dell’ecosistema è altissima) ma doveroso, per poter garantire sopravvivenza al nostro pianeta e alla vita umana.
Cosa significa questo? In quale modo possiamo modificare il modello di società presente per renderlo più aderente ai veri bisogni umani e dell’ambiente, senza penalizzare il diritto al lavoro e alla sussistenza?
Il tema è certamente complesso, anche perché modelli di riferimento non ce ne sono. Gli ultimi paesi comunisti del mondo sono ormai quasi tutti basati su un’economia dei consumi e sulla privatizzazione, sebbene parziale, della proprietà.
Ma, se è vero che i cambiamenti arrivano dal basso, iniziare dalle cose che già possiamo fare per il miglioramento della qualità di vita e dell’ambiente potrebbe essere la via migliore per arrivare progressivamente al risultato.
Mettere a frutto, ad esempio, l’esperienza accumulata in questi mesi rispetto a modalità di lavoro agili, ragionare in termini di efficienza della prestazione e non più di orari rigidi, dotare il sistema scolastico di presidi informatici che consentano una didattica mista e stimolante, razionalizzare le modalità di lavoro nei siti manifatturieri per aumentare la sicurezza senza penalizzare la produttività, sono solo alcuni esempi di quello che il sindacato dovrà iniziare a rivendicare appena terminata la crisi sanitaria.
Ri-centrare i processi produttivi sull’uomo, sui suoi reali bisogni e sulla equità sociale è la strada più sicura per la messa in discussione radicale dell’economia finanziaria che, con le sue speculazioni, costituisce il vero ago della bilancia del benessere dei popoli e dell’ambiente, spostando arbitrariamente priorità di indirizzo economico a livello di singoli Stati e di economia globale.
Puntare sulle nuove tecnologie per ridurre l’impatto ambientale della produzione di beni e servizi primari o co-primari è l’altra rivendicazione imprescindibile da non dimenticare. La caduta del prezzo del petrolio provocata dalla pandemia sarà probabilmente sfruttata per un ricorso massiccio alle fonti fossili nella fase di ricostruzione. Dobbiamo denunciare e lottare contro questo tentativo.
Importante sarà anche riportare saldamente in mano pubblica tutti i servizi essenziali, come la Sanità (mai più si parli di sanità privata se non per servizi di carattere accessorio e con regole chiare, controlli rigorosi e trasferimenti minimi), la logistica essenziale, le telecomunicazioni, i trasporti aerei, lo Spazio, la cultura. Riuscire ad assicurare efficienza dei servizi, ottimizzazione della spesa e rispetto dei lavoratori e degli utenti sarà l’obiettivo a cui il sindacato dovrà contribuire, crescendo in conoscenza dei nuovi processi, evitando posizioni settarie, divisioni e difesa di rendite di posizione non più giustificabili, riconquistando la fiducia dei lavoratori e della società tutta per svolgere il suo, non delegabile, ruolo essenziale e primario nel processo di trasformazione che ci aspetta.
Manuela Ferri
Direttivo Rieti-Roma EVA
Contributo nr.1
Alla radice
20 marzo 2020
La situazione che stiamo vivendo ci pone di fronte a delle domande che nessuno vuole farsi.
Le notizie si susseguono tristemente e nessuno di noi era preparato a vivere segregato nel mondo dell’opulenza, dove il cittadino è visto nella sua funzione di consumatore e non come portatore di diritti e di socialità.
Il suo essere consumatore lo isola come individuo e lo misura in funzione della sua capacità di spesa e non in funzione del suo ruolo sociale.
Unità atomica funzionale alla logica del mercato.
Eppure nessuno o pochi associano la situazione surreale che il mondo intero sta vivendo alla globalizzazione economica.
È il fallimento della logica del mercato, senza regole, sfrenato, responsabile nei confronti del capitale a irresponsabile nei confronti delle persone.
Il COVID – 19 nasce o comunque si espande in un paese in forte espansione economica, con oltre 1,5 miliardi di abitanti che si affacciano per la prima volta nella storia degli ultimi secoli alla ribalta mondiale. L’aumentato benessere economico spinge le persone al consumo di beni e a variare la propria dieta. La produzione di beni determina l’aumento dell’inquinamento e il maggiore benessere economico determina la richiesta di proteine su larga scala. La richiesta enorme di proteine richiede allevamenti intensivi.
Proprio questi allevamenti sono delle fabbriche di patogeni. Da una di queste fabbriche è forse partito il virus che ora ci costringe a stare chiusi nelle nostre case, circondati da quei beni di consumo che mostrano tutta la loro inutilità di fronte alla voglia di uscire e di vivere in comunità.
Eppure è proprio grazie a questi inutili orpelli che oggi siamo reclusi.
Il virus ha viaggiato alla velocità con la quale viaggiano le merci, ma ora malediciamo questa velocità tanto quanto la apprezziamo quando facciamo un ordine ON-LINE.
Nello stesso tempo, mentre il COVID-19 toglie la vita a tanta persone e toglie la libertà a tante altre, costringe a fermare tutto e fa diminuire l’inquinamento. L’aria diventa più respirabile nel momento in cui non possiamo respirarla all’aperto.
È arrivato il momento di mettere in discussione un modello di sviluppo che pone l’essere umano di fronte alla nefasta scelta se far morire il pianeta per l’inquinamento o decimare l’umanità per un virus.
È il momento di fare delle scelte. Sempre che se ne abbia il coraggio e la forza.
Filippo Albanese
Direttivo FIOM-CGIL Rieti Roma Est Valle dell’Aniene